La tradizione cristiana in cucina

Il Bollo
Nella tradizione gastronomica della cucina cristiana, storicamente il pesce ha un ruolo fondamentale. Il trionfo dei piatti a base di pesce, sia che si tratti di quello di acqua dolce (dallo storione al luccio, all'anguilla) sia di molluschi, crostacei e pesci da porzione: dal baccalà allo stoccafisso, dal dentice all'orata proviene dalla facilità di conservazione anche in secco del pesce. Più volte storicamente si è pensato che la carne fosse al primo posto del consumo nella tradizione Cristiana invece è consolidata la prevalenza del pesce.
Pertanto, negli antichi scritti si possono trovare autentica leccornie, per esempio fra le ricette lombarde (storione in salsa), quelle liguri (stoccafisso all'agrodolce) end anche campane e lucane (baccalà fritto e gamberoni alla cilentana). Ovviamente questa tradizione ha spaziato anche nelle provincie laziali (con piatti a base di seppie), in quelle toscane (polpi con vari tipi di sughi), trovando poi la celebrazione più aristocratica nelle alte caste pugliesi con prelibatezze a base di orate e gamberoni. In Romagna invece la tradizione della cucina con le anguille, ha avvicinato la cucina del pesce ai sapori salmastri, propedeutici alla cusina del pesce di fiume che troviamo nelle tradizioni trentine con le varie ricette con il Luccio e con le Trote in Valle d'Aosta. La tradizione Cristiana delle ricette di pesce poi arriva alla massima espressione, capace di aprire la strada ai primi allevamenti in Sardegna dove esistono storiche e squisite ricette con la Mostella (famiglia del Merluzzo Nordico ma molto più saporito) e naturalmente nelle ricette siciliane con sua maestà il tonno.
Ma, non
solo pesce nella tradizione Cristiana, infatti
entrarono già da centinaia di anni i piatti kasher
(ebraici):
Vediamo
una ricostruzione storica del perchè la tradizione ebraica si è
fusa con la tradizione culinaria Cristiana.
Pitigliano,
nella bassa Maremma al confine con il Lazio è un bellissimo paese,
che sembra scolpito in un'imponente rupe tufacea. La sua storia si
intreccia in maniera viscerale con quella delle comunità ebraiche in
fuga dallo stato pontificio alla metà del 1500, in seguito
all'emanazione, da parte di papa Paolo IV, delle bolle antiebraiche
(Cum Nimis Absurdum). Lontano dal Ghetto di Roma, in questa regione
di confine sotto il dominio degli Orsini (anche il vicino paese di
Sorano ha vissuto questa storia), la vita ebraica poté svolgersi in
tranquillità, creando commistioni culturali con le esistenti
abitudini pitiglianesi.
Almeno fino all'ascesa dei
Medici nel 1608: Cosimo II, antiliberale, iniziò a porre restrizioni
nei confronti delle famiglie ebree, fino a creare anche lui un
ghetto.
Alle famiglie che vivevano fuori dal quartiere assegnato
agli ebrei veniva imposto lo sfratto forzato, dietro intimazione da
parte dell'ufficiale giudiziario con un bastone. Dal 1765 però,
con l'avvento di Pietro Leopoldo d'Asburgo, l'uguaglianza fra
ebrei e cristiani fu fortemente favorita, tanto che le comunità
ebraiche a metà ottocento conobbero la loro massima espansione e
Pitigliano assunse il soprannome di Piccola Gerusalemme.
Le
varie fasi di quest'epopea sono state naturalmente tradotte anche
in cucina, con la puntuale introduzione di nuovi piatti e con
l'adattamento delle ricette locali alle esigenze del culto ebraico.
Oggi questi piatti fanno parte della tradizione gastronomica di
Pitigliano, sono serviti nei ristoranti e le mamme li preparano in
famiglia.
Esempi di mix culturale sono il Bollo (in casigliano
"ciambella"), introdotto dagli ebrei in fuga dal progrom
spagnolo: è un dolce dalla forma a otto o circolare, lievitato a
lungo, impreziosito da semi d'anice. Viene pennellato con del
tuorlo d'uovo, che in cottura crea una crosticina compatta ma
morbida, utile a preservare il sapore speziato dell'impasto.

Le Azzime Dolci - contaminazione Cristiana-Kasher Ebraica
Sono
diventati patrimonio gastronomico per Pitigliano anche il Torzetto,
impasto di acqua, farina, zucchero, essenza di garofano e mandorle;
le Azzime dolci col vino, tipiche della della pasqua ebraica; gli
Strufoli, i dolci di Purim ripresi
e rivisitati dalla tradizione Napoletana.
Ci sono molti esempi di rielaborazioni in chiave Kasher di piatti
della tradizione cristiana (straordinarie preparazioni che potrete
trovare cucinate da Domenico all'osteria Il Tufo Allegro,a
Pitigliano),
come la minestra di Lasagnette con i ceci, i tortelli ripieni di
ricotta dolce e conditi con zucchero e cannella, l'agnello in salsa
d'uovo, la lingua di manzo con le olive, i carciofi ripieni.
Più
significativo di tutti è lo Sfratto, dolce che ricorda i torti
subiti sotto i Medici: lungo venti centimetri, di pasta friabile, è
ripieno di miele, buccia d'arancia, garofano, cannella e noci. Ha
la forma di un bastone, quello dell'ufficiale giudiziario che
picchiava sull'uscio per sfrattare le famiglie ebraiche.
Una tradizione straordinaria che ancora una volta ci ricorda che l'Arte culinaria è stato uno straordinario veicolo di interscambio culturale e che oggi si riafferma in questo senso con tutta la forza sperimentale che la bio-diversità consente.
Uff.
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